Una pietra miliare del blues-rock

Di Tom MacIntosh

Johnny 'L’Albino Texano' Winter lanciò il suo secondo album con la Columbia Records nel 1969 con il titolo di Second Winter, un'opera di 11 canzoni e 3 lati (2 LP dove il quarto lato restò in bianco) che alcuni considerano il suo miglior lavoro. Nel disco troviamo il bluesman impegnato in una sorta di movimento di transizione verso il rock and roll, l’honky-tonk e lo swing, carico di furiosa energia e fantasia, dimostrando il miglioramento rispetto all’album omonimo, Johnny Winter, uscito lo stesso anno.    

       

L'album inizia con Memory Pain di Percy Mayfield, un’esplosione cruda e travolgente, che Winter scatena con una delle sue tante Gibson Firebird (probabilmente la sua preferita, la Firebird V del ‘63) su una linea di basso piena di funk. La sua voce, carica di rock e di una gamma perfetta di toni è semplicemente sensazionale. La band era composta da suo fratello minore Edgar Winter al pianoforte, organo, clavicembalo e sassofono contralto, Tommy Shannon al basso, (Dennis Collins suona il basso in The Good Love), il batterista 'Uncle' John Turner, mentre Johnny s’incarica della chitarra principale, del mandolino e delle voci. Suonarono anche una versione di Johnny B. Goode di Chuck Berry,  un bel rock and roll che rese orgoglioso l'autore. La canzone è pulita, fresca, con tocchi del pianoforte honky tonk di Edgar mentre JW suona diversi riff che mise in allerta più di un chitarrista. Altri classici rivisitati sono Slippin' And Slidin' e Miss Ann di Little Richard, oltre al già citato The Good Love di Dennis Collins, dove troviamo gli assoli brucianti ed energici tipici di Johnny: "Non voglio rovinare l'anima di nessuno, Voglio solo fare rock & roll... ". Pezzi propri di Winter, come lo swing stridulo di I Hate Everybody, la chitarra tipo mitragliatrice di Hustled Down In Texas, e il blues/rock di I Love Everybody mostrano l'impegno costante di quest’uomo con il suono e il 'groove'.
 

 

Non diversamente da come Jimi Hendrix fece sua All Along the Watchtower di Bob Dylan, Winter portò il blues di Beaumont Texas (sua città natale) in uno dei capolavori di Dylan: Highway 61 Revisited. Il ritmo pulsante dietro i riff incendiari e le voci urlanti si miscelano alla perfezione con il blues-rock in modo così delizioso che lo stesso Dylan si adattò a quello stile per le sue esibizioni dal vivo.
 

 

Johnny Winter fu il primo americano non afroamericano a entrare nella Blues Hall of Fame nel 1988, un onore commisurato a questo piromane incendiario; autentico “guitarmaniac”! Poteva accendere il fuoco con i suoi assoli, come la sera in cui, a denti stretti, salì sul palco a 17 anni, con niente di meno che B.B. King: "Lui non sapeva se potessi suonare o no e glielo feci vedere. Ricevetti una standing ovation per quello. Era la prima volta che suonavo di fronte a un pubblico nero. Io, mio ​​fratello e un paio di nostri compagni di band, eravamo gli unici bianchi tra il pubblico" (Jam Magazine).
     

Come per molti chitarristi sorprendenti, ebbe le sue difficoltà per trovare una giusta misura tra la sua destrezza emotiva e tecnica, ma alla fine della giornata, poteva cospargere note come pioggia sulla maglietta nera del Texas. Le sue dita dita andavano su e giù per la chitarra come un campione.    

 

Second Winter
è stato rieditato nel 2004 con 2 nuove canzoni, una versione di Early in the Morning di Louis Jordan e un viaggio strumentale attraverso Tell The Truth di Lowman Pauling. Inoltre, l’edizione comprende un altro insieme di succosi extra, tra cui il Live at Royal Albert Hall dell'aprile del 1970 dove troviamo classici come Help Me di Sonny Boy Williamson, un ritmo lento e brillante in It's My Own Fault di B.B. King, Frankenstein di suo fratello Edgar, e Tobacco Road di JD Loudermilk, solo per citarne alcuni.
     

Second Winter
suona ancora fresco ed emozionante come quando fu inciso su vinile nel 1969. È davvero un capolavoro di blues-rock, una pietra miliare del genere che dura e durerà nel tempo.
   

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