Lita Ford ci dà ancora giù pesante

Di Paul Rigg

Lita Ford è una leggenda americana del rock, anche se è nata nel Regno Unito.

Ford (nominata dalla rivista Rolling Stone come “la rocker più importante dell’heavy metal”), fu la chitarrista solista delle Runaways alla fine degli anni 70, prima di iniziare la carriera solista che la vide anche co-autrice del successo Close My Eyes Forever di Ozzy Osbourne, fra altri.
   

La sua autobiografia impulsiva, Living Like A Runaway,  un successo di vendite e della critica. Ha anche formato un’organizzazione per combattere l’alienazione parentale (una forma di manipolazione infantile durante la separazione); l’abbiamo vista in diversi film e ha partecipato al reality show ‘Chopped’ per ricavare fondi per organizzazioni caritative.
   

Guitars Exchange
si riunisce con Lita Ford a Los Angeles mentre si rilassa tra un concerto e l’altro in una spettacolare giornata di sole.
   

Guitars Exchange: Hai avuto un calendario abbastanza frenetico ultimamente, cosa stai facendo negli ultimi tempi?
 

Lita Ford: Ho fatto un sacco di concerti e suono spesso con i Weekend Warriors,  cosa incredibilmente divertente. Ho anche scritto diverse nuove canzoni con Gray Hoey, produttore e co-autore di Living Like A Runaway. Da quel disco abbiamo iniziato a lavorare nel prossimo. Lavoro bene con lui. Spero di far uscire il disco l’anno prossimo.
 

G.E.: Cosa ti ha portato a scrivere un’autobiografia fra le tante cose?
 

L.F.: Mi è sempre piaciuto scrivere di musica, ma quando la rivista Guitar Player e gli ampli Marshall iniziarono a chiamarmi ‘La Prima Donna del Rock’ pensai: “devo scrivere un libro, devo tirarci fuori qualcosa da questa storia”, perché ho subìto e ho dovuto fare un sacco di cose solo per il fatto di essere una donna in un mondo di uomini e sono stata la prima a farle. Ci sono state artiste prima di me, come Suzi Quatro o Fanny, ma non credo siano state come le Runaways, con tante storie interessanti da raccontare. L’ho scritta senza aiuti e ho impiegato un sacco di tempo, ma sono orgogliosa di quell’autobiografia.
   

G.E.: A cosa ti riferisci quando dici che sei dovuta passare per cose per cui gli uomini no?
 

L.F.: Be’, credo sia una battaglia continua fare in modo che la gente ti ascolti, specialmente gli uomini. So perfettamente come deve suonare la mia chitarra, conosco lo strumento, il gioco, i volumi adatti a ogni sala, ma c’è sempre qualcuno che sale su e dice: “No, non fare così!” queste sono le parole che più mi fanno arrabbiare. Quando ascolto quelle parole, allora non scherzo più. Sì, so perfettamente di cosa bisogno e se non lo capisci vuol dire che non sei la persona giusta per il mio team. Adesso ho un gruppo stupendo e non succedono più queste cose.
 

G.E.: hai sempre avuto un’immagine molto ‘glam’, è una scelta personale?
 

L.F.: Sì. E mi piace perché sono una donna. Ci sono anche tanti artisti uomini che cercano un’immagine ‘glam’, come per esempio Steven Tyler, che si veste sempre con uno stile molto personale che è quello che ha sul palcoscenico. Io faccio qualcosa di simile: so che il foulard va alla perfezione con i capelli lunghi, e questa è l’immagine che voglio avere. È sexy e fa girare la testa alla gente: quando entro in una stanza e restano a bocca aperta è una sensazione meravigliosa.
   

G.E.: Credi che lo stile delle chitarriste sia cambiato da quando hai iniziato?
 

Si, le cose sono cambiate. Credo che adesso ci siano molte chitarriste seguono lo stile di Steve Vai… Non fraintendermi, mi piace Steve Vai, è incredibile; ma io sono cresciuta con il ‘riff’, con Black Sabbath, Deep Purple, Richie Blackmore e gli assoli. Credo sia questa la gran differenza da quando ho iniziato.
   

G.E.: Tornando indietro ai tempi delle Runaways, perché credi che il gruppo si sciolse?
 

L.F.: Non eravamo più felici facendo ciò che facevamo. Non eravamo un gruppo. Joan (Jett) e Cherie (Currie) erano un gruppo, io e Joan ci provammo ma non riuscimmo ad andare d’accordo musicalmente. Io volevo suonare heavy metal e Joan voleva suonare… Be’, il suo primo successo fu I Love Rock ‘n’ Roll, un pezzo abbastanza pop rock, fece decollare fece bene. Io invece uscii con Out For Blood. Andavamo in direzioni musicali molto diverse.
   

G.E.: Nonostante questo ti sei rivista con Cherie qualche anno fa, esiste qualche progetto di riunione delle Runaways?
 

L.F.: Cherie ed io provammo a far partecipare anche Joan. Ci vediamo a cena, la chiamammo le mandiamo diverse e-mail ma non abbiamo mai ricevuto risposta. Probabilmente fu il suo manager che non voleva che rispondesse.    

G.E.: Tu e Cherie sareste interessate se un giorno vi chiamasse?
 

L.F.: In un batter d’occhio…mi piacerebbe molto! Ci manca Joan.    

G.E.: Come hai conosciuto Ozzy Osborne?
 

L.F.: Sua moglie Sharon era la mia manager e un giorno vennero a trovarmi in studio. Mi portarono un regalo, una cosa molto carina, ma Sharon si annoiava e se ne andò. Fu così che che io e Ozzy iniziammo a giocare a biliardo e a bere vino. È così che nacque Close My Eyes Forever… fu un incidente, in realtà, un meraviglioso incidente!
   

G.E.: Hai mai cercato di ricreare quell’ambiente con Ozzy?
 

L.F.: Ozzy e Sharon avevano un sacco di problemi in quell’epoca e iniziai a risentirne, per questo dovetti rinunciare a Sharon come manager. Mi spezzo il cuore, ma doveva affrontare suoi problemi familiari con Ozzy e, come sai, la famiglia è sempre più importante.    

G.E.: Cosa pensi adesso di Ozzy, Sharon e di quel periodo?
 

L.F.: Mi piacerebbe tanto Ozzy che salisse sul palco un’altra volta a suonare con me. Il nostro fu il suo primo single a entrare in ‘Top Ten’ ma può essere che Sharon pensasse che stavamo vivendo un’avventura. A quell’epoca nella vita di Ozzy c’era anche tanta droga, e anche nella mia, non ero un angioletto. Ma con Sharon andavamo insieme a fare shopping e dal parrucchiere e mi piaceva molto. Era più divertente quello che stare sveglia tutta notte fare.  

 

G.E.:  Ci piacerebbe tornare alla tua infanzia adesso, quando hai iniziato a suonare la chitarra?
 

L.F.: ho iniziato quando avevo 11 anni. Volevo una chitarra con tutte le mie forze e ne chiesi una a mia madre per Natale. Volle farmi una sorpresa ma di chitarre non sapeva nulla e me ne comprò una con le corde di plastica, tipo mariachi, una chitarra da 12 dolalri. Quando aprii il regalo, dissi ai miei genitori: “è bellissima, siete i migliori!” ma andai subito in camera mia e pensai “Oh, no!”. Alla fine imparai un sacco di riff dei Black Sabbath con quella chitarra, ma non suonava per niente bene.
Così, il Natale successivo, chiesi una chitarra con le corde di metallo, ma questa volta mi comprarono una chitarra acustica e pensai: “Oh no, neanche questo è ciò che voglio!”, ma mi permise d’imparare a suonare Stairway To Heaven e mi portò a sperimentare diversi tipi di musica. Compiuti 14 anni mi cercai un lavoro per potermi comprare finalmente la mia chitarra. In California dovevi avere 16 anni per lavorare, ma visto che avevo due belle tette grandi la gente pensava che fosse più grande. Anche mia madre mi aiuto riempiendo ancor di più il reggiseno con fazzolettini di carta. Lavorai nel centro medico di St. Mary, misi da parte $ 337 e mi comprai una Gibson SG color cioccolato. Tutto a un tratto avevo trovato il suono che cercavo ed era il massimo. Iniziai a suonare nei locali e a 16 anni entrai nelle Runaways.    

G.E.: Qual è il tuo modello di chitarra favorito?
 

L.F.: È una vecchia B.C. Rich degli anni ’80. Bernie Rico morì negli anni ’90 e ha costruito delle chitarre incredibili. Io ero la sua ragazza: suonavo ogni cosa stesse sviluppando e creando perché era sempre ciò di cui avevo bisogno. Erano originali, non erano copie di una Telecaster o una Stratocaster, non che abbia nulla contro queste chitarre –le ho tutte e due- ma ho sempre voluto essere una leader e le originali e uniche Rich mi hanno permesso di esserlo.
Una volta ne volli una con doppio manico ma le B.C. Rich erano così grandi che non arrivavo al fondo. Me ne fecero una versione più piccola, un prototipo, qualcosa di unico. Ha anche un ‘pre-amp’ nella parte inferiore. È uno strumento bellissimo.  

 

G.E.: Qual è il disco che dovrebbe ascoltare ogni chitarrista?
 

L.F.: Ce ne sono tantissimi. Direi The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd, il primo dei Led Zeppelin e Are You Experienced? Di Jimi Hendrix.
   

G.E.: Con quale artista, vivo o morto, ti piacerebbe fare una jam?
 

L.F.: Senza dubbio con Hendrix. Questa è una cosa che non riesco a sopportare, il fatto di non averlo conosciuto.  

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